·
IL MUSEO PONTE DI SACRIPANTI
|
di
Paolo Ferrario |
Spazio
e Società,
Gen-Mar 99, n°85
|
|
|
|
La
scorsa primavera è stato inaugurato un nuovo museo a Maccagno, un paese
di 2200 abitanti sulla sponda lombarda del lago Maggiore. Gli spazi
espositivi ospitano la collezione d'arte Parisi-Valle, da cui il museo
prende nome, ed è il frutto del lavoro di un team di progettazione composto
dall'arch. Maurizio Sacripanti (1916-1996) per il progetto architettonico,
l'arch. Riccardo Colella per gli interni e l'ambientazione del manufatto,
l'ing. Giuseppe Noris (1924-1989) per la direzione lavori e, come supervisore,
lo stesso donatore della raccolta l'artista visivo G. Vittorio Parisi
(1915). |
|
|
L'articolo
che segue è il frutto di una gradevole conversazione con quest'ultimo
durante la quale sono emerse tanto le sintonie quanto le dissonanze
tra i membri del gruppo riconducibili alle differenti correnti artistico
culturali di appartenenza. In alcune questioni concrete il museo di
Maccagno ripropone e rende visibili alcuni temi che appartengono ad
un antico dibattito tra pensiero organico e razionale, coevo ai suoi
progettisti e tanto profondo quanto leggero e disimpegnato è il dibattito
odierno spesso chiuso in una analisi puramente linguistica dell'architettura. |
|
|
|
Il
nuovo museo nasce per ospitare una collezione di quadri e di sculture
- meglio dire opere su carta, bidimensionali e tridimensionali - raccolte
durante la vita artistica del Parisi, artista visivo di matrice razionalista
aderente al Gruppo Origine fondato a Roma da Colla, Ballocco, Burri
e Capogrossi. La donazione deve essere intesa come estremo atto critico
verso quel sistema economico che oggi più che mai influenza il mondo
della produzione artistica mentre la scelta di donare questo patrimonio
ad un comune lontano dalle grandi città è la coerente conseguenza di
alcune riflessioni di G. C. Argan, condivise dai progettisti, secondo
le quali i grandi agglomerati urbani tendono a fagocitare o a escludere
quella ricerca di bellezza e verità che si chiede alla creatività.
L'auspicio è dunque quello di conservare uno spazio per la libera produzione
e fruizione dell'utopia: |
|
|
le
diverse esperienze dell'uomo, dalla sua nascita al corso della sua esistenza
consapevole, lo plasmano e lo condizionano attraverso le percezioni
sensoriali, in particolare le visive, che si identificano quali connotati
ambientali e assumono l'assetto di un "codice" informativo determinante
ed essenziale, ma tuttavia mutevole. Da tale condizionamento estremamente
utile nella elaborazione di un linguaggio comunicabile e vitale, si
dissocia la libera creatività informativa, che, nel campo della ricerca
visiva, può pervenire al concreto riscatto di ogni restrizione misoneistica;
ovvero dalla espressione convenzionale della "arte della natura", alla
strutturazione razionale innovativa come identificazione informativa
del valore significante della "natura dell'arte". (G.V. Parisi) |
|
|
|
Il
museo può, quindi, essere colto come espressione di una libera creatività
informativa capace di proporre una nuova strutturazione dello spazio,
un esempio di natura dell'architettura. Il museo sorge lontano dal tessuto
edificato a cavallo del fiume Giona, un luogo ricco di quelle stimolazioni
sensoriali che aiutano alla costruzione di un nuovo codice informativo
dello spazio. La distanza tra le sponde era per diverse ragioni un vuoto:
in primo luogo perché le leggi elaborate alle diverse scale amministrative
che governano queste presenze naturali confondono i significati e sovrappongono
gli interessi, in secondo luogo perché dal punto di vista economico
era una porzione di superficie di scarso valore perché lontana dal tessuto
urbano oltre che area non edificabile. Ci troviamo in una regione dello
spazio priva di senso, potremmo dire un luogo in cerca d'autore, un
indefinibile parcheggio di automobili ed una discarica illegale. Parisi
e Sacripanti hanno colmato questa assenza di significato.L'anello di
congiunzione individuabile tra questi artisti di diversa formazione
può essere colta nella teoria compositiva della "dissimmetria dinamica"
che Parisi oppone alla absoleta e accademica "simmetria statica". La
composizione dissimmetrica consente al mondo di entrare nel progetto,
il risultato è un'opera aperta, non finita, temi questi cari anche a
Sacripanti. |
|
|
|
|
|
|
L'edificio
non presenta alcun asse di simmetria.
Ogni punto dello spazio è dotato di una sua specificità né per analogia
è possibile individuare alcunché di simmetrico in quanto manca il riferimento
necessario per costruire l'analogia stessa. La pianta centrale e l'asse
di simmetria sono strumenti compositivi legati a un pensiero autoreferenziale
uguale nel tempo e nello spazio a cui manca quella capacità di rinnovamento
continuo frutto di un rapporto con l'esperienza del luogo. La simmetria
statica, mito a cui si aderisce per cieco atto di fede, si dissolve
nel museo di Maccagno in un metodo di ricerca continuo, quale è la dissimmetria,
e in un dinamismo che è la naturale conseguenza di ogni interpretazione
dello spazio.
Il progetto ora realizzato è il precipitato di una serie di rivisitazioni
sia negli alzati che nelle piante, esito del continuo colloquio tra
i due protagonisti. La lunga finestra a nastro che avvolge l'edificio
e il cavedio vetrato che trapassa la sala espositiva rimandano al principio
dello spazio continuo, della continuità tra interno ed esterno tipico
della tradizione organica.
Questa soluzione per l'illuminazione ha in più occasioni colliso con
un approccio razionale di Parisi al problema della visibilità delle
opere esposte per risolvere il quale proponeva una illuminazione zenitale
e pareti cieche. L'espediente dei pannelli mobili che arredano l'unica
grande sala ha contribuito a risolvere questo apparente iato tra il
programma funzionale e l'idea di spazio del progettista organico. |
|
|
|
La presenza
nella collezione di opere tridimensionali indifferenti a un preciso
punto di visione, come per esempio il Modulare doppio di Nicola Carrino,
non poteva lasciare indifferente Sacripanti che ha sempre inteso gli
spazi museali come un volano per "rilanciare le virtualità estetiche
implicite negli oggetti da esporre". Questa caratteristica presente
in alcune delle opere della raccolta ben si sposava con la ricerca
sul rapporto tra alto e basso in architettura che caratterizza la
poetica dell'architetto romano. Il progetto iniziale prevedeva, infatti,
che alcune opere venissero collocate in appositi invasi a una quota
inferiore rispetto a quella della pavimentazione per favorire una
visione da diverse angolazioni. In questo caso, però, il pensiero
di Parisi, legato al principio della totale fruibilità dello spazio,
ha azzerato queste discontinuità di quota mentre il movimento verticale
è stato lasciato negli esterni, in particolare sul lato orientato
verso il lago. I salti di quota che portano progressivamente sul tetto
praticabile contribuiscono alla movimentazione dei prospetti e ad
un inserimento armonico dell'edificio nel contesto. La silhouette
del museo riprende l'andamento dei castelli di Cannero che, in mezzo
al lago a poca distanza dal museo ma ben visibili, caratterizzano
fortemente il paesaggio. Quest'ultimo, il lago e le colline circostanti,
è stato scomposto nei suoi elementi grammaticali e riproposto con
la medesima sintassi nell'articolazione dei volumi del museo.
|
|
|
|
|
|
|
Il
lavoro del team vince il premio nazionale IN/Arch nel 1992, quando ancora,
a lavori fermi, era visibile solo lo scheletro strutturale dell'edificio.
Come dice Bruno Zevi nella valutazione dell'opera stilata dalla commissione
giudicatrice : "il progetto di Maccagno si collega ad altri celebri
lavori di Sacripanti, che tutti testimoniano del piacere per la mutazione
, l'invenzione continua, l'oscillazione tra razionalismo e organicismo,
l'incompiuto e la creazione aperta". Il lungo cantiere rimasto incompiuto
per 17 anni ha vissuto le alterne vicende delle pubbliche amministrazioni
coinvolte nel progetto a tal punto che l'ultimazione dei lavori è stata
celebrata da Parisi con la scultura Porta dell'utopia oggi esposta all'interno
del museo. Dalla promenade d'architecture, sempre praticabile, che unisce
le due sponde del fiume, l'opera in questione è costantemente visibile
anche nelle ore in cui il museo è chiuso al pubblico. Un velo di ironia
necessario a tutti quegli artisti della visione che guardando il lago
volessero vedere il mare. |
|
|
|
|
|
|