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SEZIONI
DEL PAESAGGIO ITALIANO
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Fotografia
e nuove trasformazioni urbane
di Paolo Ferrario |
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Spazio & Società,
Lug-Set 98, n°83
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Le pagine di Spazio e Società hanno in più occasioni proposto una riflessione
sul rapporto tra fotografia e architettura. Tutti noi stiamo assistendo
in questi anni ad un proliferare di monografie ed antologie fotografiche
che celebrano il lavoro degli architetti ma solo raramente questo strumento
di rappresentazione viene consapevolmente utilizzato con un preciso
intento analitico utile alla buona progettazione.
Se la luce è lo specifico della fotografia, indagare come l'artista
ne faccia uso e quali proprietà espressive le attribuisca è forse il
migliore contributo che può trarne il buon preogettista. |
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La fotografia che si propone solamente di riprodurre l'oggetto architettonico
può essere, invece, fuorviante. Non conosce, infatti, il movimento,
è assente la dimensione storica del fenomeno architettonico.
Nel riprodurre gli spazi attraversati dalla luce ed i chiaro-scuri delle
forme, le immagini invitano l'osservatore ad esprimere un giudizio estetico
sul prodotto architettonico.Poco utile, invece, appare essere la fotografia
a coloro che sottopongono l'architettura ad un giudizio etico che ha
come campo di analisi il processo progettuale e le sue conseguenze.
Per formulare un giudizio etico è necessario concepire l'architettura
come atto più che come oggetto ed indagare le trasformazioni dello spazio
nelle sue implicazioni storiche Posto questo limite della rappresentazione
fotografica è ben vero che questo strumento di lettura, insieme ad altri
quali il cinema e la letteratura, è in grado di documentare fedelmente
quelle repentine trasformazioni che lo spazio abitato sta subendo a
tutte le scale e sempre più spesso l'immagine fotografica, semplice
o trattata che sia, sostituisce la cartografia grazie alla capacità
di rappresentare non solo le tre dimensioni cartesiane agite dagli esperti
dello spazio ma anche altre meno evidenti.
Eccone due esempi. |
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In
occasione della VI Mostra Internazionale di Architettura della Biennale
di Venezia il padiglione Italia ha ospitato un contributo di Stefano
Boeri e Gabriele Basilico che viene oggi riproposto in veste editoriale
nel libro intitolato Sezioni del paesaggio italiano. Il libro è composto
da un ampio corpus fotografico e da una approfondita introduzione. Le
immagini riproducono sei differenti porzioni del territorio italiano
scelte come emblematiche per l'analisi e la comprensione dei più recenti
fenomeni urbani ed architettonici che hanno caratterizzato lo sviluppo
della città contemporanea. L'intento dei due autori è quello di fornire
un ulteriore contributo alla tradizione italiana per l'analisi territoriale
mediante sezioni operate lungo i principali assi di penetrazione urbana,
che hanno come limiti estremi le ultime ramificazioni della periferia
compatta. |
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Se
il fatto urbano è, dunque, il cosiddetto corridoio urbano che lega ormai
indissolubilmente molte città italiane, l'elemento faticosamente ricercato
è l'urbanitas e le sue supposte libertà. Lo strumento della analisi
per sezioni fotografiche mette in luce la consistenza delle propaggini
del tessuto urbano, fatto di una moltitudine di edifici solitari - villette
unifamiliari, centri polifunzionali ecc. - espressione di una molteplicità
di soggetti ora in grado di partecipare alle trasformazioni dello spazio.
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Ogni porzione del territorio risulta essere attraversata da reti di
attori economici, istituzionali e terzi che interpretano lo spazio con
modalità insediative differenti determinando così complesse trasformazioni
che risultano essere incontrollabili dai tradizionali strumenti urbanistici.
L'introduzione di Boeri invita ad un ripensamento degli strumenti analitici
dell'urbanistica moderna che leggono e classificano i fenomeni attribuendo
ad essi una precisa finitezza e consistenza fisica e, possiamo aggiungere,
sono governati da quelle istituzioni pubbliche e da quegli enti locali
nei quali si suppone che i protagonisti della trasformazione possano
trovare ambito di espressione e di decisionalità.
Gli strumenti urbanistici moderni pensati anch'essi finiti nel loro
ambito giurisdizionale sottintendono uno spazio pensato come categoria
di percezione dei fenomeni nel quale possono essere riconosciute le
cause e compresi gli effetti di ogni trasformazione fisica. |
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Viceversa le sezioni di Boeri mettono in evidenza l'esistenza di attori
della trasformazione che agiscono in spazi disomogenei, in tempi discontinui
e che esprimono la loro influenza in set decisionali non riconosciuti.
All'introduzione di Boeri fanno da contrappunto le cento e otto fotografie
di Basilico che sono puri esercizi di pensiero laterale. Per comprenderle
dobbiamo esercitare questa facoltà sempre più necessaria perché aiuta
a decostruire un problema a cui non sappiamo dare risposta per ricomporlo
in nuovi termini comprensibili e praticabili. Solo pensando lateralmente
possiamo cogliere le implicazioni dello spazio che queste fotografie
documentano ed individuare nuove modalità per gestire i fenomeni che
"mettono in luce".
Il successo di queste nuove modalità insediative che caratterizzano
la periferia è indiscutibilmente dovuto al fatto che riflettono legittimi
e nuovi stili di vita in continuo cambiamento, per gestire e controllare
gli eccessi dei quali è urgente che all'intelligenza del pianificatore
moderno si aggiunga una razionalità astuta dotata di una progettualità
informale. |
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Questa nuova città o edge city sorta per successiva aggregazione di
parti autonome e, come dice il Boeri, ben definite all'interno del loro
perimetro catastale, è composta da un aggregato di singole architetture
che tendono ad integrare ogni funzione ed a proporsi come città a domicilio.
Questa multicittà lineare, abitata da una popolazione sostanzialmente
omogenea dove il movimento casa-lavoro è subito e non scelto e dove
le case unifamiliari sono il drammatico segno di esasperati e totalizzanti
solipsismi, indica che la lezione di Las Vegas è stata fin troppo bene
assimilata. |
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Di questa
trasformazione non è indifferente il nucleo della città storica. Quest'ultimo,
svuotato delle sue tradizionali funzioni, subisce un processo di trasfigurazione
ed apre le porte ad una città dei sogni e dei racconti. Indicative
di questa trasformazione risultano essere le immagini di Patrizia
Della Porta giovane fotografa italiana alla quale recentemente la
galleria PhotoArt di New York ha dedicato una mostra monografica.
Le sue fotografie propongono porzioni del paesaggio del centro urbano
di città anglosassoni dove sono facilmente riconoscibili alcune opere
di celebri architetti che hanno contribuito a segnare il mindskape
locale.
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Se
nella rappresentazione bidimensionale moderna la diagonale è un espediente
grafico per introdurre la terza dimensione, nelle fotografie di Della
Porta la collimazione di alcune diagonali appartenenti a piani distinti
consentono di annullare la visibilità dello spazio trasferendo chi le
osserva in altre dimensioni. Allo stesso modo le architetture dei nuovi
centri urbani favoriscono l'annullamento dello spazio con trompe-d'oeil
e giochi ottici mentre i quartieri dei centri storici sottoposti a restyling
seducono i city user proponendosi come mitizzazioni e racconti della
città sognata. |
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Il tema
è lucidamente espresso da Giandomenico Amendola nel testo La città
postmoderna: "questa nuova azione di trasformazione (della città storica
: ndr.) avviene costruendo un racconto ed una immagine della città,
una tela o una rete narrativa all'interno della quale i singoli episodi,
singole architetture o singoli quartieri di città acquistano significato
e valore." E' in atto un processo di estetizzazione della città.
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Le
fotografie di Della Porta mettono a fuoco questa dimensione. La dimensione
estetica non solo tende ad esaurire il giudizio, come si è detto in
apertura, ma tende anche a diventare il solo ambito nel quale le nuove
identità esprimono nuove idee di città. La nuova città, disegnata dalla
mano sempre più invisibile del mercato e dagli interessi delle grandi
corporation, riflette i sogni ma non li sostanzia. |
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I
progetti di restyling in chiave post-moderna dei vecchi quartieri urbani
possono essere una chiara esemplificazione di quanto detto. Semplici
interventi di decoro basati sull'uso ripetitivo di stilemi contribuiscono
alla costruzione di un racconto che caratterizza e separa il quartiere
dalla città. Questi processi di trasformazione non sono tuttavia estranei
al conflitto urbano ma lo ripropongono in termini differenti. La posta
in gioco è sempre meno il soddisfacimento dei bisogni materiali ma è
sempre più il grado di realizzare il proprio sogno, l'accesso alla libera
rappresentazione di ogni identità. |
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Se
un tempo era in discussione la legittimità degli interpreti dei bisogni
collettivi oggi è chiamato in causa l'interprete dei sogni o, per meglio
dire, l'interprete delle volizioni degli abitanti.
Le sezioni di Boeri e di Basilico collocano ogni manufatto in un tessuto
di relazioni la cui evidenziazione risulta utile anche a quell'approccio
partecipato ed ecologico alla progettazione che ancora oggi pone al
centro della ricerca l'uomo nella sua totalità e che è anche capace
di rimettere in discussione quella stessa urbanitas che i due autori
faticano a cercare nei corridoi urbani. Se operassimo, infatti, una
sezione non radiocentrica ma sulla circonferenza delle nostre città,
lungo le tangenziali o lungo i grandi raccordi anulari, scopriremmo
che dietro ai prospetti dei corridoi urbani esistono porzioni di paesaggio
la cui regola compositiva è ancora fondata su principi organici di mutuo
interesse.
Qui una architettura ancora strettamente legata alle preesistenze ambientali
ed ai cicli della natura ritma e proporziona lo spazio. In queste vaste
aree di territorio, che lambiscono le periferie più degradate e che
si insinuano nel tessuto urbano appena possono, con lo sguardo ingenuo
di Marcovaldo possiamo ancora trovare funghi porcini e quadrifogli.
Sogni altri.
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